9.11.06

Teatro in vita, o vita in teatro?


Uno dei libri più belli che abbia mai letto, lo consiglio a quanti vogliono apprezzare una letteratura diversa dai canoni tradizionali.

Tratto da 101 Reykjavík, di Hallgrimúr Helgason:

Il teatro è un obitorio dove la vita viene messa in scena su assi di legno, e gli spettatori vengono convocati per l'identificazione. Si tira il sipario e appare la maschera mortuaria della vita, di un pallore freddo, il trucco dell'attore.

Un processo davanti alla sala piena e tutti confermano che l'autore è l'assassino ma dipende dalla sua capacità di manipolare la legge, dagli accorgimenti (...) se merita un verdetto da pubblicare sui giornali, l'ergastolo, una condizionale, o se se la cava per un pelo alla fine sul palco. Se merita di essere impiccato o osannato. Se il corpo viene sepolto immediatamente o tenuto sul palco fino a chissà quando (...).

I poeti: bastardi! Ladri patentati armati di stile. Sensibili stupratori della vita. Shakespeare & co. I pluriomicidi della storia (...).

Il teatro è un obitorio e la vita un cadavere.

Queste riflessioni sulla metateatralità mi ricordano molto lo Shakespeare dell'Henry V:

Can this cockpit hold
The vasty fields of France? or may we cram
Within this wooden O the very casques
That did affright the air at Agincourt

Quanto recitiamo nella vita? O è la vita una recita?

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